Vomito vomito vomito.
Non mi torna molto solitamente esprimermi attraverso una tastiera ma credo di essere troppo esaltata x riuscire a tenere una penna in mano.
Vomitare parole.
Esplodo.
Implodo.
Dite come volete.
Devo scrivere e tirare fuori gli echi lontani, sconnessi e confusi che si divulgano nella mia testa, rantoli di notti in cui faccio fatica ad addormentarmi, sprazzi di vissuto che suscita emozioni che scavano provocando dolori indistinti e stridenti.
Battono forte le mie dita sulla tastiera, con una foga inespressa.
Non sento altro, non ci sono altre vie: scrivere x sfogare l'interno.
Scrivere x vomitare parole vuote ma maledettamente ricche di senso, trasudanti di emozioni e incertezze, scoperte a fatica e con le quali combatto quotidianamente.
Sulla mia scrivania dei fogli dentro una busta trasparente.
“Spettro dei disturbi dell'umore, questionario di autovalutazione.”
Spettro.
Mi ha pensare allo spettri di una me che credevo di conoscere e che invece si è dimostrata tanto altro, di colpo offesa dalla bassa stima che si vedeva attribuita.
“Fallo senza pensare mi è stato detto”, da questa sorta di collaboratrice di Lei che mi sta anche simpatica e ha il viso e il sorriso dolce.
E' molto giovane e la invidio perchè lei ha fatto il percorso che fino a qualche mese fa ero certa avrei intrapreso anch'io. Un percorso del quale invece adesso non sono più convinta, data la mia tendenza ultima a mettere in discussione tutto e a chiedermi se sono io a decidere o gli altri a farlo x me.
Odio le cose imposte.
Soprattutto le imposizioni inconsce, i doveri che ti pulsano dentro la coscienza senza che tu te ne accorga, quei pensieri che ti pungono i fianchi o ti fanno sentire una sorta di bruciore allo stomaco dovuto a cause inorganiche.
Sono una disturbata.
Ma poi non mi sento neanche tanto diversa dagli altri.
Non mi sento malata come può far pensare il senso del termine.
Fino a qualche anno fa anche per me “malata” significava non sana, con un problema da risolvere, quindi in qualche modo diversa, un'eccezzione a quello che è sano, giusto, normale. Poi però ho cominciato a chiedermi quando mi chiedo se poi sia quello il lato giusto, se sia bene essere dalla parte del “normale”, se sia il caso di mascherare al fine di rispecchiare un ruolo che ti viene imposto dalla collettività.
Un essere astratto che, con tanto di tonaca e martelletto, in una sorta di tribunale inquisitore, giudica l'essere umano e la sua interiorità. La parte che non può essere manifestata se non nel “normale”.
Continuo a guardare questi fogli e so che non andrò a dormire finché non li varò riempiti, rispondendo alle domande che mi fanno sentire un caso, un test, una prova, ma anche considerata, diversa.
Che poi è quello che ho sempre cercato: l'essere importante, indispensabile per qualcuno. Quindi essere brava, affidabile, responsabile, a qualsiasi costo.
Lei ci ha chiesto di riflettere in questa settimana su cosa abbiamo raggiunto e su cosa invece dovremmo ancora lavorare.
Sono stata in silenzio tutto il tempo,anche stavolta. In qualche modo il fatto di stare in silenzio mi fa sentire diversa dagli altri, in un continuo, perpetuo sforzo nell'attirare l'attenzione che cerco più che qualsiasi altra cosa.
Lei è bella.
E' morbida, dolce.
Sveglia, profonda.
Lei non è mia madre. Questo lo so,
ce l'ho ben chiaro.
Mi ha chiesto di parlare della danza e allora per 5 minuti gli altri hanno scoperto che ho la voce, e in qualche modo quel parlare è stato quello che non mi ha fatto uscire da lì, ancora una volta con le lacrime agli occhi.
Non voglio più deprimermi, non voglio più buttarmi giù, non voglio più far finta di niente.
Allo stesso tempo mi sento violata,
violentata
sdoppiata.
Sensazioni contrastanti si alternano e si mescolano dentro il mio stomaco senza che io possa anche solo minimamente provare a distinguerle.
E' un tutt'uno: un uragano, una tormenta che sconvolge i pensieri e attanaglia.
La consapevolezza.
Questa è la cosa principale che credo di aver ottenuto fino a qui.
Ho capito che esiste un mondo molto più complesso e profondo di quello che si vede con gli occhi. Ho capito che la pioggia forte può far si che una persona non sia contenta perchè magari doveva uscire a piedi, mentre un'altra può adorare il semplice fatto che le gocce battano violentemente sull'asfalto, un po' come se pulissero l'anima.
Non credevo che dietro al mio disturbo potessero esserci motivi cosi profondi, e probabilmente avevo una visone di me stessa parecchio superficiale.
Mi sono conosciuta meglio.
Mi sono ascoltata un po' di più, ma soprattutto mi sono guardata intorno.
Ho riflettuto sul circolo vizioso, sono stata da cani, ho conosciuto persone stupende, ho perso occasioni, ho buttato nel water un sacco di soldi. Sono schizzata con i miei che forse avevano, e probabilmente tuttora hanno, una visione di me alquanto limitata e limitante.
Ho scoperto di essere una persona,
e soprattutto
cosa vuol dire esserlo,
cosa rappresenta x me.
Ho imparato che se una persona sta a letto tutto il giorno e non ha voglia di far certe cose probabilmente si sta facendo domande o quel modo di fare è la punta dell'iceberg di qualcosa di ben più profondo e radicato della semplice pigrizia;che quella che si alza tutte le mattine si divide tra le regole e i dettami imposti giustificando tutto quello che le viene chiesto, quella che si è fermata, in quel momento x me vale di più.
Ho capito che c'è sempre un motivo e che la realtà dipende dai punti di vista, dal modo in cui guardi le cose.
Sono stata interrotta.
Riprendere il filo dei pensieri risulta difficile, in generale mi sento cresciuta e accresciuta: accresciuta dalla terapia, dalle emozioni che mi sono scoperta in grado di provare, dalle cose che ho approfondito, dai legami che si sono creati.
Demolire le certezze, spezzare le catene,
togliere le barriere,
sfocare i margini
abbattere i paletti
forse è stata, ed è, la cosa più difficile.
Il dolore ha un sapore che non si descrive a parole date le infinite sfaccettature.
A volte il dolore me lo sono creato, ho pensato di meritarmelo, che fosse giusto cosi.
Mi sono auto inflitta pene e condanne, responsabilità che non mi spettavano, pene non sempre cosi giuste e sensate.
Ne porto le cicatrici.
Visibili e non.
Ma è proprio questo che poi alla fine col mio disturbo ho cercato: anche il solo fatto di provocarmi dolore, di sentirmi il sangue scorrere sulla pelle,
lo stonarmi con la musica per non sentire più i pensieri e quella voce perpetua dall'argomento univoco.
I silenzi, gli sfoghi, le paure.
Sono viva.
E il sentirla quella vita pulsare nelle vene è la cosa che ho forse tremendamente cercato più di tutte e che ancora cerco.
E poi il capire, lo scavare cosi doloroso e tagliente.
Le parole che risuonano come lame affilate, coltelli appuntiti di consapevolezza acquisita a prezzi alti.
E poi il contatto col vuoto.
Il vuoto che mi ha portato a conoscere e comprendere, approfondire.
IL vuoto mi ha portata a internet come unica forma di contatto con quel mondo che non ho più riconosciuto perchè, semplicemente, mi è crollato addosso.
Allora i blog, le parole, loro, le divine [maledette] Ana e Mia, la comunità pro ana, le persone a distanza che però rappresentavano una mera forma di contatto.
Ha fatto male e bene.
Ma mi sono resa conto che non credo assolutamente più alle coincidenze nonostante sia un po' restia alla religione cosi come viene imposta secondo i canoni.
La concezione che ho della religione è tutta mia, particolare, mi piace pensare che qualcosa ci sia ma non posso esimermi dal credere che l'uomo abbia bisogno di sapere che esiste qualcosa che è più grande di lui e che, in qualche modo lo protegge, per non sentire su di se il grande immenso peso dell'esistenza.
Allora forse questa è la strada con cui dovevo capirle tutte queste cose.
Non farò un finale romantico o moraleggiante, sono forse un po' disillusa per pensare una cosa del genere.
Devo lavorare, lavorerò ancora tanto, ma credo che il conoscermi a fondo sia la base senza la quale la mia vita sarebbe davvero vuota.
Il mio vuoto l'ho sentito di colpo pulsare nelle ossa e ho cercato di riempirlo con un falso palliativo che poi si è rivelato vano, dato k lui non se ne è andato mentre tante altre cose si. Adesso so che, per quanto possa farmi paura, per riempirlo davvero,senza ingannarmi con falsi rimedi, dovrò inanzi tutto capire chi sono, e cosa c'è nella me più profonda, per quanto male possa fare.